Il seguente contenuto è una prefazione di questo articolo: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/le-equilibriste-la-maternita-in-italia-2023.
“Le equilibriste” è il titolo quanto mai appropriato che Save The Children ha scelto per descrivere, in maniera documentata e lucida, la condizione sociale e professionale delle donne italiane in età riproduttiva costrette a difficili equilibrismi nel tentativo di conciliare lavoro e tempo di vita, in un Paese che invecchia con inevitabili conseguenze in termini di tenuta sociale.
“Le ultime ad entrare, le prime ad uscire” è l’efficace sintesi con cui il CNEL descrive la condizione professionale delle donne nel mercato del lavoro italiano. A fronte di un tasso di inattività del 26,4% tra gli uomini di 15 – 64 anni, quello delle donne è pari al 44,6%.
Come interpretare questa differenza? Una risposta su tutte, i motivi familiari riportati dal 33,6% delle donne a fronte del 2,9% degli uomini.
Il rapporto snocciola, dati alla mano, i determinanti di questa disuguaglianza in 50 pagine a cura di Elena Scanu Ballona con il supporto multidisciplinare di numerosi esperti di Save the Children e dell’Istat.
L’ho letto in un sol fiato, con un retrogusto di amarezza e rabbia.
Quando le donne concretizzano il loro desiderio di maternità sperimentano uno svantaggio occupazionale e retributivo che il mondo anglosassone definisce “motherhood penality”.
All’aumentare del numero di figli minorenni il tasso di occupazione delle madri tende a diminuire e quello dei padri a crescere.
I contratti per le donne sono meno numerosi e più fragili. Meno di un uomo su dieci lavora in regime di tempo parziale a fronte di circa una donna su tre, una scelta involontaria per oltre 1,2 milioni di giovani donne che finisce per incidere sulla loro posizione reddituale e pensionistica.
“Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità” ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Le misure per facilitare la conciliazione della vita professionale con le esigenze di cura dei figli sono note ma ancora poco diffuse nel nostro Paese che, nonostante la drammatica crescente denatalità, stenta a investire sulle competenze e sul talento delle donne.
Il breve paragrafo intitolato “Le dimissioni volontarie delle donne” descrive i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro relativi alle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri che hanno bambini di 0-3 anni. Nel 2020, le dimissioni volontarie hanno interessato complessivamente 40.021 persone, di cui il 77,2% sono lavoratrici madri e il 22,8% lavoratori padri.
Per ridurre il numero delle madri che decidono di rinunciare al lavoro perché ritengono poco conveniente e sicuro lasciare il proprio figlio in mani altrui occorrono maggiore flessibilità nell’orario di lavoro e accesso a servizi socio-educativi di qualità per la prima infanzia, in primis asili nido. Nel 2019-2020 in media il 15% dei bambini di età inferiore ai 3 anni hanno frequentato un asilo nido, con una variabilità compresa tra il 30,4 % della Provincia autonoma di Trento e il 3,1 % della Calabria, piove sempre sul bagnato.
Per ridurre il numero delle madri che decidono di rinunciare al lavoro occorre anche una più equa ripartizione del lavoro domestico e di cura all’interno della famiglia, ancora fortemente squilibrata a svantaggio delle donne. Promuovere politiche a sostegno della genitorialità e delle famiglie non è tuttavia sufficiente per riequilibrare il carico di cura nelle coppie genitoriali perché occorre un cambiamento culturale che richiede una diversa visione sociale del ruolo della maternità. Siamo pronti a considerare la maternità come un bene collettivo e non individuale anche quando le “equilibriste” si sposano o hanno dei figli e non vogliono rinunciare alle legittime aspirazioni professionali?
Un rapporto quello di Save the Children che dovrebbe prevedere un aggiornamento periodico per monitorare l’impatto delle politiche e delle misure a sostegno della genitorialità descritte nella quarta parte del documento. Un approfondimento prezioso da divulgare generosamente negli ambienti educativi coinvolgendo giovani e adulti con l’obiettivo di promuovere e accompagnare il necessario cambiamento culturale che stenta ad affermarsi nel nostro Paese.
Serena Donati